sabato 12 ottobre 2013

#3: VIAGGIO A FRASER ISLAND

Cari amici, o meglio, cari quattro gatti che leggete il mio diario di bordo, torno ad aggiornarvi sulla vita Aussie.
Dovete sapere che in questo paese, parlo per la mia esperienza personale, l'università è imbarazzante. Non vorrei macchiarmi con fare snob di eurocentrismo, ma devo ammettere che in Italia saremo pure dei PORACCI ma almeno siamo dei poracci acculturati. Poi, che la cultura ci lasci con le pezze al culo è un altro discorso, ma fidatevi che da quando ho messo piede in università qui mi sento un pozzo di scienza e mi godo questa iniezione di autostima spiegando ad un mio compagno di corso chi è PICASSO o KARL MARX.
Anyway, tutta sta premessa per dire che, non contenti di non fare una sega, si pigliano pure una settimana di vacanze di Primavera.
Ho colto l'occasione per andare a Fraser Island, un'isola a 3 ore di macchina da Brisbane.
I miei compagni di corso prima di andare in questo ameno paradiso terreno hanno ben pensato di farmi terrorismo psicologico dicendomi che esistono i "Drop Bear", ovvero una specie geneticamente modificata di Koala che si lancia addosso agli umani.
Bene, io ci ho creduto. Ed ero entusiasta all'idea di vedere un Koala piombarmi addosso, aggrapparsi alle mie (piccole) zinne e coccolarlo.
Ovviamente non esistono, e qui la mia autostima da QI superiore è stata un po' scalfita, ma non importa.
Insomma, partiamo alle due di notte e alle cinque del mattino ci imbattiamo in un mercato di prodotti locali e di oggetti piuttosto strani:

Passeggini e monopattini in quantità sufficiente per tirare su un esercito di bambole assassine


Un gallo a 5$ in una bancarella di bambole. Non fa una piega, è tutto logico.


Una fantastica copia di GOD CALLING AUSTRALIAN VERSION. Sarà un segno divino che mi invita a smettere di bestemmiare?


Un pappagallo obeso. Chissà se è buono da mangiare.


Due pappagalli geneticamente modificati da un tizio che alleva parrots da dieci anni e fa esperimenti su questi deliziosi uccellini facendoli diventare rosa Barbie.

Un furgone pieno di Ananas.


Bene fatte queste premesse si parte. Ecco il nostro fuoristrada, carico di tutto l'equipaggiamento necessario per affrontare un conflitto mondiale più che tre giorni di campeggio, ma visto che sull'Isola si trovano a fatica delle Toilettes era necessario attrezzarsi come una famiglia del sud che va in spiaggia il giorno di Ferragosto.

La guida sul fuoristrada non è quella che vi immaginate voi, almeno quella che mi immaginavo io. Ho pensato, beh, ci saranno le strade bianche non asfaltate quindi ci vorrà il 4x4. CAZZATA. E' un'isola di sabbia, quindi non ci sono strade, solo radici, sassi, e la spiaggia che viene usata come l'Aurelia il giorno di Pasqua. Verrete sballottati su e giù, la macchina si insabbierà come minimo due volte, e il vostro sedere piangerà pietà ogni volta che vi rimetterete in viaggio.
Detto ciò, direi che ne vale la pena:




Un aereo che ci stava venendo addosso mentre atterrava perchè non avevamo realizzato che la spiaggia è anche una pista d'atterraggio


Sabbia strana. Essendo un porcello ho istintivamente pensato al gelato al  variegato alla Nutella.


Relitto di una barca d Giappi che sono arrivati qui.


Il nostro gippozzo che mi ha fatta sentire un po' Lara Croft un po' Indiana Jones. Harrison Ford con le tettone insomma.



 Foresta pluviale, speachless.



Dune e lago, speachless #2



 Il mio amico Daniele che ha deciso di auto-castrarsi per fare una foto fica da mettere su FB


Lake Mc Kenzie


E due muscolossissimi e prestanti giovani che spingono la macchina.
Fortunatamente abbiamo incontrato quella che è stata soprannominata la "Pit Stop Family". Bloccati nella sabbia senza speranza incrociamo una Geep con a bordo un allegra famigliola. Inchioda. Le quattro portiere si aprono e schizzano verso di noi un simpatico signore col cappello da cow boy, una milf brasiliana hippie di rosa vestita che ballava e tre bimbetti che in due secondi cambiano la pressione alle gomme, danno una spintarella alla macchina e ci fanno partire in un men che non si dica.

Altre amenità che potete vedere sono:

un'iguana blu fluorescente che compare mentre stai facendo l'unica doccia calda della vacanza

i dingos, cani selvatici che apparentemente sono pericolosissimi e magnano i bambini. I miei amici ovviamente mi hanno consigliato di stare attenta vista la mia statura. -.-

le meduse verde fluorescenti spiaccicate sulla spiaggia

Da Kent Street è tutto,
passo e chiudo.
B.

martedì 17 settembre 2013

#02: IL MERCATINO DELLE PULCI E ALTRE AMENITà PROVENIENTI DAL MIO BAGNO

La scorsa domenica, dopo aver passato una mattinata in biblioteca, tornando a casa mi sono imbattuta in un mercatino delle pulci che si tiene ogni prima e ogni terza domenica del mese nella piazza principale (forse anche perché è l'unica alla quale può essere appioppata tale definizione) della città.
Visto che mi sentivo bravissima, secchionissima e con la coscienza pulita per aver studiato di domenica mattina, mi sono auto-elevata ad un livello "madreteresadicalcutta", e ho deciso di premiarmi facendo un giro per il mercatino sentendomi autorizzata a comprare una marea di stronzate. 
Il meccanismo è molto semplice: porti la tua valigia piena di cose che non usi più, stendi un lenzuolo o una tovaglia, le sparpagli alla bell'e meglio, ti siedi, e aspetti che qualcuno le compri.





Gli aspetti interessanti sono due, e ovviamente sono strettamente legati fra di loro: la fauna di venditori e le cose che si possono trovare.
Partiamo dalle persone; ci sono tre macro categorie: gli asiatici, le gnocche hipster e le cinquantenni che si son date al bricolage.
Le mie preferite sono le asiatiche. Passano il tempo a spippolare con il loro I-Phone con la cover a forma di maialetto, gattino, pokemon, hello kitty senza degnare minimamente di uno sguardo la merce che stanno vendendo; mi piacciono queste asiatiche naives che hanno tanta fiducia nel genere umano. Poi ogni tanto tirano su la testa, fanno un gran sorriso e dicono due o tre prezzi random "it's flee dollals!foul dollals!only foul dollals!". Ecco un chiaro esempio di asiatica spippolatrice:


La merce in questione è molto varia; da fiocchettini, cover per I Phone, occhiali futuristici, spazzoloni per il wc, paparette di gomma, piuimini invernali da -80°C(ma chi cazzo lo comprerà mi domando?che qua è inverno e ci sono 26°C!), scarpe pelose e altre amenità di vario genere.



Poi ci sono hipster fichette, bionde, gnocchissime con delle pettinature con sette trecce diverse incastrate una dentro l'altra, che quando ci provi tu a casa guardando il tutorial su youtube step by step alla fine ti guardi allo specchio e hai una specie di nido informe in testa, mentre loro sembrano uscite dalla casa nella prateria, con quest'aria angelico-bucolica. 
Le infime perfide provano a rifilarti vestiti e gioiellami della collezione passata di Zara, come se fossero pezzi di introvabile alta moda. 
Quando frugando trovo finalmente un top carino di cotone, una specie di straccetto che lascia la panza scoperta, inizio il dilemma interiore"lo compro?non lo compro?costerà poco...chiediamo quanto costa e poi vediamo..".  "hey, sorry, how much is that?". La fichetta hipster si gira, ti fa un gran sorriso, le sue guance diventano più rosee, sbatte le ciglia e con aria angelica ed innocente proferisce le seguenti parole"That one? It's JUST 20 $!". Visto che sono 'na poraccia, scuoto la testa e mi dirigo verso nuovi orizzonti, mentre la fichetta hipster inizia a suonare la chitarra e a sbiascicare una canzone in una lingua che sembra più elfico che inglese.





Last but not least le cinquantenni che si danno al bricolage si dividono a loro volta in due sotto categorie: le fricchettone con le gonnellone patchwork, il piercing al naso e i capelli arancio carota rigorosamente ottenuto con l'hennè che vendono orride collane in lana cotta e le fichette un po' ingessate, che propongono le loro orribili creazioni for "CHARITY", scritto a caratteri cubitali su un cartoncino color rosa zucchero filato. Sembra che tutti i mali del mondo, dalle peggiori sindromi alla fame nel terzo mondo, possano essere risolti comprando sacchetti di tessuto contententi lavanda per profumare calzini e mutande o fantastici ascigamanini arrotolati in modo da sembrare pasticcini. Un'esercito di paladine con le perle alle orecchie insomma.

Altre fantastiche bancarelle e personaggi degni di nota sono:

La coreana che vende coroncine floreali per 30$ ciascuna (le fichette hipster staranno cercando di corrompere la sua anima pura)


Ed un simpatico individuo simile ad una verisone gay di mike tyson che fra le tante cose vende anche prodotti per capelli usati a metà:




Infine vi lascio con un interrogativo al quale ancora non so trovare risposta:

1) Cosa è il bagnoschiuma ANTI-HANGOVER? Fammi capire, torni sbronzo a casa, fai 'na doccia e sei come nuovo? Cosa è questo magico e misterioso liquido in grado di farti passare la sbornia per osmosi?Bisogna inalare la schiuma?bisogna berlo?basta lavarsi? Non lo so, ancora non l'ho testato perché non è mio. Ma LYNX è sicuramente la risposta a molti dei miei problemi.


2) Un barattolo di stuzzicadenti in bagno. A cosa mai serviranno fra il colluttorio e il dentifricio? Per una pulizia a prova di dentista? O per rimuovere la cispa mattutina? "STUZZICADENTI SOLO SU....RIEDUCATIONAL CHANNEL!"




Da Kent St è tutto.
Cheers,
B.

mercoledì 11 settembre 2013

#01: THE HOUSE

Dimenticatevi le case che siete abituati a condividere in Italì, cari studenti fuori sede.
Qui hanno spazio da buttar via, quindi ognuno si costruisce la sua casetta mono familiare un po' come gli pare.
Girare per i "suburbs" è un'esperienza mistica, un po' come visitare Disneyland da grandi, quando ti rendi conto che il castello della bella addormentata fa cagare con tutti quei glitterini rosa inseriti nei mattoni.
Si possono trovare cottage irlandesi, casette london style a due piani in mattoni rossi, venditori di tappeti persiani che hanno ben pensato di simulare lo stile arabeggiante, e infine in gran parte, quelle che sono  chiamate "queenslander", ovvero le case tipiche di questa zona (la più calda) dell'Australia.
Io vivo in una casa così, anche se la mia ovviamente è di serie D.
Immaginatevi delle palafitte di legno, col tetto spiovente, parquet nella living room (che generalmente ha le dimensioni sufficienti per aprirci una scuola di ballo) ed un'infinita distesa di immancabile, intramontabile, MOQUET.
Gli interni son sempre pitturati di bianco e le porte hanno generalmente delle decorazioni in legno arabeggianti (???).
Con la mia casa è stato amore a prima vista.
La sala non ha alcun senso.
Non c'è un tavolo per mangiare, ma abbiamo dei puff indiani sparpagliati tutti intorno ad un tavolo basso, il che mi ha fatto subito sentire una Geisha made in Japan.
C'è un divano gigante, appoggiato dietro una gigantesca lavagna dove capeggia a caratteri cubitali la scritta" RE-GINA SPEKTOR, VA-GINA (IN)SPEKTOR", ed una poltrona fra lo scaffale del cibo e il piano di cottura.
Dalla sala parte un corridoio infinito con BEN DUE LUCI che segnalano le uscite di sicurezza come quelle che siete abituati a vedere nei locali pubblici. Inizialmente ero schifata da questa rozza scelta di lighting design, poi, quando ho iniziato a tornare sbronza marcia a casa tanto da non essere in grado di accendere la luce, ho capito che quelle scritte "EXIT" sarebbero state la stella polare che mi avrebbe guidata dritta fra le coperte del letto.
Ogni casa ha un giardino retrostante con una specie di scheletro di un ombrellone sul quale si appendono i panni.
Le giovani generazioni autoctone hanno trovato un intelligente uso alternativo di questo strano aggeggio: ci attaccano dei sacchi pieni di vino, tale "goon", ancora più schifoso del Tavernello, ma dopo il quarto gin-tonic vi sembrerà il più raffinato Cabernet Souvignon, che bevono a rotazione fino a rotolare nel prato, per poi gonfiare il sacchetto vuoto e ricavarci un comodo cuscino su cui dormire nel dopo sbronza.
Last but not least...il tema che mi sta più a cuore: il BIDET. Ho affrontato più volte questo tema con persone di età, e background culturali diversi, e a quanto pare tutti sostengono all'unanimità che per avere un sedere pulito sia sufficiente la carta igienica.
Bah.
Anyway, moquet e assenza di bidet a parte, vivere in queste case giganti è un figata, specialmente quando torni la sera a casa e trovi tre opossum con gli occhi spalancati che mangiano lamponi nell'albero di fianco alla tua porta, o senti i gechi in bagno che gorgheggiano mentre fai la doccia di prima mattina.
Da Kent Street è tutto.
Cheers,
B.


Esempio di casa Marshmellow


Il mio divano con annessa blackboard


Il tavolo coi puff (lo so è tamarro, ma io mi ci sono già affezionata)


L'interno di una casa che non è la mia, credo che chiunque abiti lì sia destinato a diventare un serial killer dovendo vivere in una casa che sembra una Chiquita.



Un'adorabile decorazione di una delle uscite di sicurezza di cui vi parlavo prima, gentile cortesia 
della casa di un mio amico.




martedì 10 settembre 2013

#00 INTRO: tutta colpa di Richard Lowenstein




Quando ho visto questo film per la prima volta avevo diciassette anni, ed ero una versione punk di un improbabile mix fra una bertuccia e Mariangela Fantozzi; una specie di anello mancante fra l'uomo e la scimmia.
Comunque, bando alle ciance, non è questo il punto.
Da quando ho visto i primi dieci minuti di "And he died with a falafel in his hand" m'è partito il pallino dell'Australia: sole, caldo soffocante, veranda di legno pitturato di bianco, un tizio che gioca a golf coi rospi e uno stendi panni usato per fare dei riti pagani in un giardino; è il posto che fa per me mi son detta.
Bene, ora che di anni ne ho ventiquattro (e nel mentre non sono più una scimmia, se vi può interessare ho scoperto l'uso della ceretta e delle pinzette) sono riuscita a trovare una valida scusa, anche detta "università, erasmus, exchange, ulisse, scambio internazionale" chiamiamolo un po' come ci pare, sempre di una scusa bella e buona si tratta, per fare le valigie, abbandonare temporaneamente Milano e planare qui a Brisbane.

Guardate "E morì con un falafel in mano", e poi si parte con un i racconti,

B.