Qui hanno spazio da buttar via, quindi ognuno si costruisce la sua casetta mono familiare un po' come gli pare.
Girare per i "suburbs" è un'esperienza mistica, un po' come visitare Disneyland da grandi, quando ti rendi conto che il castello della bella addormentata fa cagare con tutti quei glitterini rosa inseriti nei mattoni.
Si possono trovare cottage irlandesi, casette london style a due piani in mattoni rossi, venditori di tappeti persiani che hanno ben pensato di simulare lo stile arabeggiante, e infine in gran parte, quelle che sono chiamate "queenslander", ovvero le case tipiche di questa zona (la più calda) dell'Australia.
Io vivo in una casa così, anche se la mia ovviamente è di serie D.
Immaginatevi delle palafitte di legno, col tetto spiovente, parquet nella living room (che generalmente ha le dimensioni sufficienti per aprirci una scuola di ballo) ed un'infinita distesa di immancabile, intramontabile, MOQUET.
Gli interni son sempre pitturati di bianco e le porte hanno generalmente delle decorazioni in legno arabeggianti (???).
Con la mia casa è stato amore a prima vista.
La sala non ha alcun senso.
Non c'è un tavolo per mangiare, ma abbiamo dei puff indiani sparpagliati tutti intorno ad un tavolo basso, il che mi ha fatto subito sentire una Geisha made in Japan.
C'è un divano gigante, appoggiato dietro una gigantesca lavagna dove capeggia a caratteri cubitali la scritta" RE-GINA SPEKTOR, VA-GINA (IN)SPEKTOR", ed una poltrona fra lo scaffale del cibo e il piano di cottura.
Dalla sala parte un corridoio infinito con BEN DUE LUCI che segnalano le uscite di sicurezza come quelle che siete abituati a vedere nei locali pubblici. Inizialmente ero schifata da questa rozza scelta di lighting design, poi, quando ho iniziato a tornare sbronza marcia a casa tanto da non essere in grado di accendere la luce, ho capito che quelle scritte "EXIT" sarebbero state la stella polare che mi avrebbe guidata dritta fra le coperte del letto.
Ogni casa ha un giardino retrostante con una specie di scheletro di un ombrellone sul quale si appendono i panni.
Le giovani generazioni autoctone hanno trovato un intelligente uso alternativo di questo strano aggeggio: ci attaccano dei sacchi pieni di vino, tale "goon", ancora più schifoso del Tavernello, ma dopo il quarto gin-tonic vi sembrerà il più raffinato Cabernet Souvignon, che bevono a rotazione fino a rotolare nel prato, per poi gonfiare il sacchetto vuoto e ricavarci un comodo cuscino su cui dormire nel dopo sbronza.
Last but not least...il tema che mi sta più a cuore: il BIDET. Ho affrontato più volte questo tema con persone di età, e background culturali diversi, e a quanto pare tutti sostengono all'unanimità che per avere un sedere pulito sia sufficiente la carta igienica.
Bah.
Anyway, moquet e assenza di bidet a parte, vivere in queste case giganti è un figata, specialmente quando torni la sera a casa e trovi tre opossum con gli occhi spalancati che mangiano lamponi nell'albero di fianco alla tua porta, o senti i gechi in bagno che gorgheggiano mentre fai la doccia di prima mattina.
Da Kent Street è tutto.
Cheers,
B.
Esempio di casa Marshmellow
Il mio divano con annessa blackboard
Il tavolo coi puff (lo so è tamarro, ma io mi ci sono già affezionata)
L'interno di una casa che non è la mia, credo che chiunque abiti lì sia destinato a diventare un serial killer dovendo vivere in una casa che sembra una Chiquita.
Un'adorabile decorazione di una delle uscite di sicurezza di cui vi parlavo prima, gentile cortesia
della casa di un mio amico.
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